Giovanni Carli era una persona buona e generosa. Ci ha lasciati qualche giorno fa per colpa di una brutta malattia che l'ha sottratto ai suoi cari e a noi tutti nel volgere di poche settimane.
Giovanni provava un amore viscerale per la nostra terra, tanto da dedicare gran parte della sua esistenza alla ricerca e allo studio della nostra storia: quella meno conosciuta e per questo ancor di più importante.
Una storia che va necessariamente scritta con la lettera minuscola. Non perché minore, ma perché orgogliosamente distante da quella in grado di suonare solo gli acuti dello spartito: le grandi battaglie, le conquiste e le sconfitte, i numeri e le date.
No, la storia, per Giovanni, era prima di tutto quella degli uomini e delle donne, dei poveri e dei dimenticati: i soldati che lasciarono la vita sulle nostre montagne, nelle trincee che qui furono scavate, in quegli anni tremendi del Primo Conflitto Mondiale. A cominciare dalle migliaia di soldati trentini che furono mandati a combattere in Galizia e che morirono con la divisa dell'Impero Austroungarico, una pagina vergognosamente cancellata dalla storiografia ufficiale e che anche grazie all'operato di Giovanni ha finalmente trovato il rispetto e l'onore che meritava.
Ricordo con una certa emozione tutte quelle volte che Giovanni mi ha mostrato il suo archivio di fotografie e cimeli, un vero e proprio museo che conservava nella sua abitazione; o quelle in cui mi aggiornava sulle scoperte che aveva fatto battendo palmo a palmo le nostre montagne e i luoghi dei combattimenti, alla ricerca soprattutto di quei campi di sepoltura improvvisati e che, finita la guerra, non erano mai stati cercati o trovati.
Per questo suo impegno, qualche anno fa, era stato insignito della Croce Nera Austriaca, un mai quanto giusto e meritato riconoscimento per il suo prezioso operato (foto).
Ma Giovanni è stato anche un fiero e convinto militante del PATT. Iscritto alla sezione di Lavis, è stato un punto di riferimento per diverse generazioni di autonomisti.
Mi sono sempre chiesto se l'adesione di Giovanni al credo e ai valori dell'autonomia rappresentasse, in qualche forma, un punto d'approdo rispetto al suo lavoro di ricerca o se, invece, fosse il processo inverso, coi valori dell'autonomia a produrre quella spinta verso la riappropriazione delle nostre radici. Ma forse a questa domanda non avrebbe saputo rispondere neanche lui.
Quello che invece sappiamo è che abbiamo perso una persona cara, un amico sincero, un vero autonomista, un uomo che amò come pochi la sua terra. Vivrà nel nostro ricordo e in quello della sua cara Anna e dei suoi figli, a cui in questo momento va tutto il nostro affetto e l'abbraccio più grande.
Ci mancherai caro Giovanni; che tutto quello che tu hai fatto possa continuare a vivere per sempre come fulgido esempio di passione e d'amore per il nostro Trentino e per la sua autonomia.