Franco Panizza

Franco Panizza

TERRITORIALI PER DIFENDERE L'AUTONOMIA*

  • Creato Martedì, 21 Gennaio 2014 09:20

Caro direttore,

il dibattito tra il presidente della Comunità territoriale della Val di Fiemme Raffaele Zancanella e l’onorevole Lorenzo Dellai, ospitato sul Trentino, mi suscita alcune riflessioni che vorrei condividere con lei e con i suoi lettori, partendo anzitutto dalle parole dell’ex presidente della nostra Provincia. Dellai indica due possibilità per costruire una rappresentanza politica del Trentino e della sua autonomia. La prima, che per una serie di ragioni storiche e culturali lui non ritiene percorribile, è il modello Patt-Svp-Union Valdotaine;

la seconda, che invece lui sostiene come plausibile, è quella di una contaminazione positiva con le forze politiche nazionali e con le esperienze che, a suo dire, hanno in sé un potenziale di riformismo e innovazione tale da permettere una rappresentanza virtuosa e non occlusiva o corporativa della nostra Provincia e della sua autonomia. Credo che il percorso indicato da Dellai meriti la massima attenzione, ma che abbia anche bisogno di qualche precisazione. In una situazione complessa e mutevole come è quella in cui ci troviamo a vivere è difficile affidarsi a risposte categoriche, uniche e capaci di inglobare una domanda politica estremamente variegata e composita. Il punto cardine dal quale non mi sento tuttavia di prescindere è mettere al centro di ogni attenzione il Trentino. Certo, sono importanti gli interessi nazionali, lo spazio europeo e, in senso più lato, l’essere “cittadini del mondo”. Ma il riferimento imprescindibile al Trentino e alle sue prospettive di sviluppo è la più importante tra le nostre responsabilità, è l’obiettivo prioritario di ogni nostro sforzo. È il senso stesso del nostro essere una Comunità Autonoma: per quello che è stato fino ad ora e soprattutto per quello che potrà essere in futuro. Detto questo, le soluzioni e le proposte possono essere molte, anche se non tutte ugualmente significative ed efficaci. C’è la possibilità che i partiti nazionali si organizzino, prevedendo nei loro statuti precisi riferimenti territoriali. Tutto bene, ma la logica dominante non può che rimanere, per la stessa natura di questa tipologia di partiti, quella nazionale. E far indossare lo stesso vestito, pur con qualche aggiustamento, a situazioni territoriali profondamente diverse tra loro è un’operazione forzata, deresponsabilizzante e inutilmente costosa, sia sul piano sociale che economico. Ci sono poi le liste civiche. In questo caso il riferimento locale è obbligato, solo che il loro fondamento politico è contingente, cioè legato a situazioni, emozioni o interessi che difficilmente possono consolidarsi e perdurare nel tempo. Infine ci sono i Partiti Autonomisti, il cui riferimento politico è il territorio che rappresentano, con la sua cultura, le sue aspettative, le sue vocazioni. Un fondamento che ha due grandi pregi. Il primo è quello di rappresentare, almeno nelle intenzioni, una pluralità di visioni e di interessi. Visioni e interessi portati a sintesi proprio per l’attitudine di questi partiti - in quanto interpreti della generalità di un territorio - di far prevalere gli interessi comuni su quelli parziali e di corporazione. Il secondo pregio è la capacità di tenuta nel tempo. Se per i Partiti Autonomisti il radicamento e lo spirito comunitario non sono degli optional, ma il senso stesso del loro esistere, scelte e programmi non possono essere affidati alle mode del momento o al capriccio di un leader, per quanto carismatico possa essere. Per questo il perdurare nel tempo, interpretando e reinterpretando il divenire del proprio territorio, è un tratto tipico e costante dei Partiti Autonomisti. Le esperienze che lo dimostrano sono numerose e significative. A questo punto, per evitare fraintendimenti o pericolose semplificazioni, va affermato con forza che non tutti i territori sono uguali. Alcuni sono semplicemente degli “spazi fisici” antropizzati che non esprimono un’identità coesa e la vocazione all’autogestione si limita, quando va bene, ai servizi comuni. È il caso delle periferie delle grandi città o dei territori di nuovo insediamento. Altri esprimono un’identità spiccata, hanno tradizioni e senso di appartenenza, considerano il fare da sé un valore costitutivo del proprio essere, si fanno carico del presente e del futuro del proprio territorio. Solo in questa seconda circostanza, e tipico è il caso del Trentino-Alto Adige/Südtirol, c’è bisogno di un forte Partito Autonomista: il formidabile insediamento della Svp in Sudtirolo e il nuovo stato nascente, dopo una lunga e gloriosa tradizione, del Patt, ne sono la più evidente dimostrazione. Quindi, dove non ci sono territori a forte valenza identitaria, un governo centralizzato ed uguale per tutti può essere una soluzione, in qualche caso accettabile, soprattutto nelle realtà più disagiate socialmente ed economicamente. I rischi rimangono comunque molti e, spesso, con effetti devastanti: pensiamo a norme uguali che spiovono in regioni diverse, la Calabria piuttosto che il Veneto, oppure alla logica perversa dei tagli lineari che premiano i peggiori e puniscono i migliori. Dove questa identità territoriale è solida e viva, la presenza di un forte Partito Autonomista è quindi essenziale e fondante, anche se non pensiamo ad una logica monopolistica. Tornando al ragionamento di Lorenzo Dellai, non siamo contrari all’idea di un partito nazionale che sappia alleare sensibilità e culture diverse intorno ad un progetto politico convincente e a vocazione territoriale. Ma questa non è la nostra strada. Noi abbiamo radici solide con le quali vogliamo sostenere e alimentare un futuro coerente con quello che il Trentino, la sua gente e il suo “comune sentire” esprimono ed esprimeranno. Per questo il rapporto con le nostre comunità è vitale. Non per imporre in modo dirigistico le nostre convinzioni, né per annotare, come fossimo dei contabili, il pullulare indistinto dei molti microinteressi in gioco. Il nostro intento è confrontarci, crescere “insieme” alle nostre comunità nei convincimenti individuali e nelle responsabilità collettive. Quello che va ricostruito è un nuovo patto di “comunità”, partendo da una lucida e coraggiosa comprensione del modo con cui la società si va ristrutturando, dei processi economici che la investono, dei rapporti che si generano e si intrecciano tra la periferia e il centro, o per meglio dire i centri, visto che l’Europa o le lobbies multinazionali, quanto ad invadenza, non scherzano proprio. E a questo punto è necessario prendere atto che la contrazione delle risorse finanziarie è un dato certamente rilevante, che non deve però essere l’ultimo fronte di una difesa impossibile, ma il punto di partenza di un nuovo disegno e di un nuovo ciclo. Il nostro Trentino, ultimi rapporti alla mano, ha retto meglio di altri territori l’impatto della crisi. Merito di un tessuto socioeconomico ancora a maglie solide e di una rete di protezione generata da una stretta collaborazione tra pubblico, privato, mondo della cooperazione e mondo del volontariato. Ma è anche vero che alle ultime elezioni provinciali c’è stato un calo significativo dei votanti e che quella rete non sarà in grado di reggere ancora a lungo se non le si affianca, accanto a un’azione importante di governo, una nuova espressività della politica, da intendersi come cinghia di trasmissione tra comunità e istituzioni. Credo perciò che la prospettiva sulla quale si debba lavorare sia una forte alleanza tra forze politiche con un marcato insediamento locale, o con partiti nazionali attenti al territori (non è irrilevante che lo stesso Pd si interroghi da tempo sul fatto di dotarsi di una concreta struttura federalista), per accompagnare il Trentino nel far crescere le proprie vocazioni, leggendo intelligentemente ed intercettando le opportunità di un’economia globale, negoziando con gli ambiti della politica nazionale e comunitaria il piano delle regole e le risorse necessarie, assumendo un atteggiamento non di chiusura corporativa ma di sana competizione. Per fare tutto questo, il Trentino ha bisogno di un grande Partito Autonomista, che, forte di una solida base culturale che gli deriva da una lunga e profonda esperienza storica, raccolga le istanze che vengono dal territorio e che sappia calarsi responsabilmente e attivamente nei cambiamenti in atto. L’Autonomia si difende e cresce solo se è in grado di produrre una propria prospettiva di pensiero e di cultura. Una grande forza autonomista unita e rappresentativa, o un grande ma vero partito territoriale servono proprio per raggiungere questo grande ed ambizioso obiettivo. È il percorso fatto dal Patt, ma soprattutto è la “risorsa comunitaria” su cui possiamo contare per dare al Trentino una prospettiva sicura e coerente con quello che siamo e che vogliamo essere.

 

*pubblicato su "Il Trentino" del 18.01.2014

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